Giorgio Zanotto (1920-1999), sempre rimasto legato con amore sconfinato alla terra natale, Verona, è stato nel Dopoguerra fra i protagonisti della rinascita italiana. Il Banco Popolare, da lui tenacemente voluto, è divenuto il terzo polo creditizio nazionale: animatore di quello che gli economisti e i sociologi hanno ribattezzato il "Miracolo del Nord-Est". Aree depresse, trasformatesi nella locomotiva dell'Italia che lavora, produce, esporta. La figura di Giorgio Zanotto, per molti versi assimilabile a quella di Raffaele Mattioli alla Banca Commerciale e di Enrico Cuccia a Mediobanca, va fatta uscire dall'ombra. Chissà se lui così timidamente rigoroso, allergico alle luci della ribalta, sarebbe consenziente. Eppure è storicamente necessario, in una stagione in cui troppi, ad ogni livello della vita pubblica, antepongono le ambizioni personali a quel "bene comune" che fu invece il costante riferimento di Zanotto. Con puntiglio da cronista di razza Giancarlo Galli, che coi banchieri ha avuto opportunità di "consuetudini ravvicinate", ha ricostruito le tappe del complesso itinerario umano di Zanotto, cogliendone la poliedrica personalità: il cattolico rigoroso ma mai genuflesso; l'affetto per la famiglia; il sofferto impegno civile (da assessore, sindaco, presidente della Provincia con tutte le "grane" giudiziarie che ebbe a patire, ingiustamente), sino al vertice del Banco Popolare. Una "banchetta" che Zanotto trasformò in Grande Banca, senza abdicare ai principi: servire, mai egemonizzare!