Pubblicato per la prima volta nel 1889 in una versione assai più breve e più "cauta", Il ritratto di Mr W.H., da Wilde a lungo e instancabilmente rimaneggiato e riscritto, approda infine a questa edizione molto più ricca e complessa, nella forma e nella sostanza, che però vide la luce soltanto nel 1921, quando cominciavano a smorzarsi gli echi "scandalosi" della vicenda wildiana, dal terribile processo, al carcere, alla morte disperata. Non poteva aver certo vita facile infatti nella cultura vittoriana questa storia affascinante della ipotetica ricerca dell'identità di Mr W.H., il "fair youth" cui Shakespeare aveva dedicato i Sonetti, che fornisce, appena occultato sotto la patina anticata dei tempi elisabettiani e del platonismo omoerotico del Rinascimento, un apologo appassionato dell'amicizia virile. Ma Il ritratto di Mr W.H. non è solo questo: complicato racconto nel racconto in cui i narratori intrecciano le loro diverse "verità", fiction e saggio, gioco metaletterario anticipatore di Borges e di Nabokov, funambolica prova di erudizione sul filo dell'esegesi shakespeariana, il testo si apre al gioco delle suggestioni e contaminazioni raccontando una storia, squisitamente novecentesca, sulla incertezza, sulla falsificazione e sull'instabile statuto della interpretazione. Sfida temeraria, negli stessi anni del Ritratto di Dorian Gray, da parte di un autore che giocò a distanza sempre più ravvicinata con il fuoco della censura fino a bruciarsi le ali, dando inizio a un discorso sulla sessualità e sulla letteratura che lo conferma, a più di cento anni dalla morte, figura centrale della cultura contemporanea.