Eravamo ebrei

Eravamo ebrei

Questa era la nostra unica colpa

pp. 126, 1° ed.
978-88-317-2311-4
Alberto Mieli dopo settant'anni racconta per la prima volta alla nipote Ester la sua infernale esperienza da deportato nel campo di concentramento di Auschwitz. «Non c'è ora del giorno o della notte in cui la mia mente non vada a ripensare alla vita nei campi, a quello che i miei occhi sono stati costretti a vedere.» Ricorda la vita in una Roma nazifascista, le leggi razziali e il giorno in cui è stato portato via dalle ss, dopo il tragico 16 ottobre 1943. Rivive, ancora con le lacrime agli occhi, l'arrivo nei campi, l'odore acre dei corpi che bruciavano nei forni crematori in funzione tutti i giorni. Parla del lavoro giornaliero e stremante, dei corpi senza vita ammassati gli uni sugli altri, della stanchezza e della fame continua e cieca che pativa, fame che ha portato alla pazzia e poi alla morte migliaia di deportati. Fame di cibo, di vita, di libertà. «Ad Auschwitz ho visto l'apice della cattiveria umana.» Con queste parole Alberto Mieli racconta, con dolore, aneddoti e luoghi, parla delle torture subite. Ridisegna volti di gente incontrata e poi persa, spiega come sia riuscito a convivere tutta una vita con questa doppia cicatrice: una alla gamba, causata da una granata lanciata dagli Alleati esplosagli troppo vicino e che a volte ancora sanguina, e una più grande nel cuore.

Autori

nasce a Roma il 22 dicembre 1925. Deportato e reduce del campo di concentramento di Auschwitz. Cacciato dalle scuole per le leggi razziali riceve nel dicembre 2015 dall'Università di Foggia la laurea honoris causa in Filologia, letterature e storia. Da anni incontra gli studenti delle scuole italiane e i giovani riconoscendo in loro i nuovi testimoni. Marito, padre, nonno e amorevole bisnonno. Sul braccio è marchiato indelebilmente con il numero: 180060.
, classe ’76. Romana, giornalista e scrittrice si occupa di comunicazione. Nipote di Alberto Mieli, crede che l’orrore della Shoah debba essere d’insegnamento affinché tragedie del genere non avvengano ancora. Ai suoi due figli ama ripetere: «Siate curiosi di verità perché l’indifferenza è un’arma più potente dell’odio.»