Fino a pochi anni fa l’ascesa del populismo veniva interpretata quasi esclusivamente alla luce della crisi finanziaria. Ma se l’economia è tornata a crescere e il peggio sembra passato, perché i cosiddetti «partiti del risentimento» continuano a raccogliere consensi? Siamo forse di fronte all’epilogo di una storia che ha origini più profonde? Giovanni Orsina cerca queste origini all’interno della democrazia, ragionando sul conflitto tra politica e cittadini che ha segnato gli ultimi cento anni. Se alcune fasi di quel rapporto – il connubio inedito tra massa e potere a partire dagli anni trenta, la cesura libertaria del Sessantotto – sono comuni a tutto l’Occidente, Orsina individua la particolarità del caso italiano nella stagione di Tangentopoli. Il sacrificio simbolico di un’intera classe di governo conclude la repubblica dei partiti e allo stesso tempo inaugura un venticinquennio di antipolitica. Con la quale tutti hanno dovuto fare i conti – Berlusconi, Renzi, Grillo, i postcomunisti, la Lega –, ma della quale nessuno è riuscito a correggere o contenere le conseguenze nefaste.