Venezia, metafora del mondo. Tre racconti del "ritorno", tre momenti che si fanno memoria, legati, per così dire, da due brevi saggi, due "intervalli", quasi a sancire scientificamente la fine di un mondo, di una Venezia scomparsa, di una città d’acqua scampata non si sa come, ma soprattutto, rassegnata, come sospesa, quasi protesa verso il baratro. Non una Venezia irreale, non una Venezia dei sogni, non una Venezia figlia della lontananza, ma una Venezia concreta, reale, in cui si muove una umanità in attesa, che vuole resistere alla omologazione, che cerca, anche se, a volte, si lascia prendere dallo scoramento, dal moto quasi consolatorio delle acque, delle onde, della laguna. Non un arrendersi, ma un farsi portare, un distaccarsi temporaneo, quasi per cercare energie e forze fuori di sé – dall’aria, dall’acqua, dalle isole, dallo spirito – e superare, e reagire quasi disperatamente, al tentativo di chi vuole omogeneizzarla. Davvero una metafora del mondo, della lotta pressoché quotidiana di ogni persona attenta e di buona volontà, ma di quelle città, di quei popoli, di quelle nazioni, che vogliono scoprire, farà da sé il proprio destino, e non accettare supinamente (pronamente, sarebbe meglio dire), che sia un padrone del mondo a stabilirlo, a imporlo.