È passato un anno da quando Ari ha messo al mondo un bimbo e ancora, in questa nuova fase della sua esistenza, non riesce a trovare un posto per se stessa (e per le sue inquietudini di eterna ragazza). Una tesi di dottorato che non finisce mai, il trasloco da New York al tranquillo tedio della provincia, un marito troppo immerso nella propria carriera e con il quale raramente si sente in sintonia, Ari è come un albero senza radici, in lotta per non fare appassire i suoi rami. Nel suo animo non sembra esserci spazio per la gentilezza, il suo linguaggio è crudo, il suo sguardo sul mondo, e soprattutto sulle donne della stessa età, è disincantato, a volte perfino feroce. Finché accanto a lei, nelle case vittoriane dal fascino délabré, viene a stabilirsi Mina, ex star di un’oscura rock band, incinta di nove mesi, che diventa per Ari un modello di femminilità riuscita: è spregiudicata, indipendente, interiormente libera dall’imperativo di diventare una mamma perfetta. Tra le due, ruvide al punto giusto per detestarsi prima e attrarsi poi, sembra poter nascere un’amicizia che risarcisca Ari delle incomprensioni che hanno appesantito la sua vita. Con una prosa viscerale, a tratti rabbiosa, e con scandaloso humour, Elisa Albert consegna un ritratto di donna contemporanea scissa tra gli obblighi da cui si sente circondata: maternità, matrimonio, emancipazione femminile, complicità (e odio) tra coetanee. Ne nasce un grido liberatorio che sprigiona tutta l’energia necessaria per riuscire a tirare avanti, ritrovarsi, ricostruire.