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Fotografare gli spiriti

Fotografare gli spiriti

a cura di

pp. 192,, 1° ed.
978-88-297-1441-4
Obiettivo di questo libro, prodotto del sensazionalismo editoriale del 1922, era mostrare la verità e l’utilità della fotografia spiritica. Doyle, membro ordinario della Physical Society (ma anche della Society for Psychical Research), indaga con altri uomini e donne di scienza e di lettere su ciò che non è visibile agli occhi. La domanda intorno alla quale ruota questa difesa della fotografia di fantasmi è se con una macchina fotografica sia possibile o no restituire un volto a chi è morto – e, in ultima analisi, se si possa dimostrare l’immortalità dell’anima. Doyle procede come il suo Sherlock Holmes: raccoglie indizi, fa eccezioni, ricostruisce storie per ricostruire vite. L’occasione è data da un’accusa del parapsicologo britannico Harry Price a William Hope, fondatore del Crewe Circle di cui Doyle è appassionato simpatizzante: Price sostiene che Hope sia un impostore, che non fotografi i fantasmi ma manipoli le lastre fotografiche. Doyle, attraverso un confronto tra le fotografie in vita e in morte e grazie a una rete di ferrate e inappuntabili ipotesi, difende Hope. Della versione di Price ci è rimasto poco, di quella allucinante e romanzesca di Doyle tutto. Perché la letteratura dice la verità.

Autore

 (1859-1930), nato a Edimburgo da famiglia irlandese, si trasferisce presto a Londra pur spostandosi frequentemente in Europa, America e Australia. Vive con estrema intensità e partecipazione la sua epoca: è medico e sportivo, viaggiatore e giornalista, sostenitore di cause civili e scrittore. È noto principalmente come creatore di Sherlock Holmes, anche se la sua produzione complessiva conta dozzine di volumi di ogni tipo, dall’avventura alla storia, dal costume alle scienze, dal pugilato allo spiritismo.