A Leonardo il cappello è stato messo in testa o tolto a seconda che si volesse raffigurare l’immagine del pittore (con cappello) o del genio universale (senza). Oggi prevale questa seconda interpretazione, e quello che è stato a lungo considerato il suo “autoritratto” altro non è che il disegno di un vecchio saggio. Certamente opera di Leonardo, ma realizzato quando non aveva ancora quarant’anni, all’epoca dei lavori all’Ultima Cena e al sigillo dell’Uomo Vitruviano di Venezia. Da questo spunto e motivo iconografico, dall’ossessione di trovare un cappello rivelatore, parte la ricerca suggestiva, colta e appassionante di uno storico dell’arte tra i più brillanti. Che interesse può avere il cappello di Leonardo? Si corre il rischio di vederne ovunque, e non dove realmente sono. Ma il cappello che generalmente si mette e si toglie ai personaggi non gioca forse con lo stesso principio di ricezione e di obliterazione, delineazione e cancellazione che consiste nel montaggio e smontaggio dei singoli elementi che compongono l’immagine? Diventando motivo di svelamento e rivelazione della sovrapposizione delle sue singole parti, antica e modernissima strategia di tutte le arti, impossibilitate a prescindere da lacerti e memorie di ciò che è scomparso.
(1943) è storico delle arti e architetto. Vive ad Asolo. Ha insegnato nelle università di Venezia, Milano e Sassari. Ha fatto parte della direzione della «Gola», primo periodico sul cibo e sul gusto. Si occupa di tecniche della visione e della rappresentazione come colori, linee, immagini e design. I suoi libri sul colore (tra cui Storia dei colori, più di 20 edizioni e ristampe) hanno avuto un riscontro internazionale e sono stati tradotti, oltre che nelle maggiori lingue europee, in coreano e in arabo. Per Marsilio ha pubblicato Colore senza nome (2006), Verde (2013) e Stile sobrio (2016).