Della sua lunga vita, Ibuse Masuji (1898-1993)ha trascorso a Hiroshima solo pochi anni, ma il mondo rurale della terra d’origine è stato sempre il centro della sua geografia poetica. Le sue storie narrano dei «deboli», di contadini, di individui strappati alle loro radici da catastrofi causate da eventi naturali o dall’agire sconsiderato dell’uomo. Colonne di fuoco, vortici d’acqua, terremoti, vulcani in eruzione sono lo scenario costante dei suoi racconti: la natura è governata da una forza inesorabile che guida il destino dell’uomo. Quando Ibuse arriva a «descrivere l’indescrivibile» della tragedia atomica, ha già elaborato i simboli che daranno vita e potenza alle sue immagini. Con La pioggia nera egli accetta la sfida più ardua della sua carriera e il romanzo, suo capolavoro, diventa l’epilogo di un lungo percorso artistico. La sua matura sperimentazione narrativa e la sua particolare «cosmologia» gli consentono di dare forma nuova a quell’esperienza che, per la sua mostruosità, è stata definita da tanti sopravvissuti «al di là delle parole».