«Il nome, Firmato, gli era toccato in sorte alla fine della Grande guerra, a lui come a tanti altri neonati di famiglie contadine analfabete, le quali interpretarono il “Firmato Diaz” del bollettino della vittoria come nome e cognome del generale che aveva condotto le operazioni militari. Il soprannome invece se l’era guadagnato da solo, appena venuto fuori dal ventre materno.» Chi sono Arzabandera, Donna Brigantia, il Lupo e Giuditta? Nomi, soprannomi, ma soprattutto caratteri. C’è chi è buono, chi se ne approfitta, chi ha una caratteristica fisica che, in fondo, è una virtù morale, o un difetto. Tutti abitano in un paesino calabrese, tutti sono usciti – se addirittura non l’hanno fatta – dalla guerra. Le loro vite, segnate – alleggerite o aggravate – dal destino del soprannome, si intrecciano le une con le altre così come le ossa dei loro avi si avvinghiano alle radici dell’edera sotto le mura del camposanto. Queste storie sono una galleria di persone e cose, un affresco del dopoguerra nel Sud Italia, il racconto incantato di un tempo perduto che permane intatto e vivido nel ricordo. Con una scrittura energica e ironica, erotica e colta, Rocco Familiari compone il suo personale Spoon River, dove il paese stesso, oltre ai suoi abitanti, è un personaggio al quale chi legge si affeziona.