Recitare, nel cinema della modernità, non significa più soltanto imitare gesti e movenze di un personaggio immaginario, ma anche esibire davanti alla cinepresa l’opacità di un corpo che spesso vive la propria vita, e non quella del personaggio. I cineasti analizzati in questo libro – da Rossellini a Cassavetes, da Antonioni a Godard, da Wenders ad Akerman – non rinunciano a raccontare delle storie, ma fanno in modo che queste storie risultino la secrezione dei personaggi, e non il contrario. Gli attori, a loro volta, – è il caso di Delphine Seyrig, Jean-Pierre Léaud, Marcello Mastroianni e molti altri – si offrono allo sguardo della cinepresa come materiali da modellare, portando alla finzione la loro verità e interrogandosi sulla natura ambigua del loro dispositivo.