È un paradosso vivente, Liliana Cavani. La donna, la regista, l’intellettuale. Di qui forse la difficoltà a comprendere profondamente la sua opera, che è fatta appunto di paradossi, di sfide estreme, imbevuta di spiritualità irrequieta, alla ricerca di risposte impossibili da ottenere. Un cinema profondamente terreno, eppure che punta dritto verso il cielo. Liliana Cavani sonda questi abissi con coraggio in una carriera estremamente coerente: i suoi film costituiscono un corpus che si può leggere tutto d’un fiato, le sue opere si parlano e ripercorrono temi, inquietudini, conflitti. Dalle tre pellicole su san Francesco alla Chiara d’Assisi di Clarisse, dalla trilogia tedesca con Il portiere di notte, Al di là del bene e del male e Interno berlinese al rarefatto Il gioco di Ripley (Ripley’s Game), il suo cinema rimane attuale e si rivela, a tratti, profetico. Per analizzare questa autrice così complessa, per certi versi inafferrabile, a volte anche respingente in certi suoi estremismi, nella violenza che viene messa in scena e non viene mai taciuta, nella difficoltà di districare carnefice e vittima, nello sguardo lucido sulla storia del Novecento e sulla storia dell’umanità, il volume non solo si avvale degli strumenti della critica cinematografica, ma interpella anche studiosi apparentemente lontani dal cinema.