Gide (1869-1951) è stata un’apparizione unica nel panorama della cultura europea a cavallo tra xix e xx secolo. Di quell’epoca di transizione è stato un sensibilissimo rivelatore, mescolando inestricabilmente vita e opere in un inconfondibile impasto di idealismo e materialismo, devozione e miscredenza, trascendenza e degrado. Allevato secondo i precetti del calvinismo paterno e del cattolicesimo materno, nel suo sviluppo umano e artistico non si è limitato a una banale ribellione a tali rigidi, nativi presupposti, ma ha ostinatamente tentato una
coincidentia oppositorum dove l’un estremo non negava mai l’altro, senza mai concedersi interamente allo spirito del tempo quale che fosse il suo effimero vessillo: spiritualismo, nichilismo, immoralismo, comunismo. Opere narrative, diaristiche, reportage vanno così a comporre il quadro di una psicologia di sconcertante complessità, consapevolmente rapsodica e contradditoria, nella quale il rischio dell’eclettismo è scampato grazie a una sintesi lirica, non meccanica, di tutte le influenze culturali e gli eterogenei materiali assimilati, sintesi che riflette la fondamentale unità della sua coscienza artistica.
Eschilo nasce a Eleusi nel 525 a.C., da nobile famiglia. Della sua vita, come di quella degli altri grandi tragici greci, Sofocle ed Euripide, si sa molto poco. Fu accusato di aver divulgato i misteri eleusini, di cui era seguace. Partecipò alle guerre persiane contro Dario e contro Serse. Fu alla corte di Ierone di Siracusa. Morì a Gela nel 456-455 in circostanze misteriose. Delle novanta tragedie che gli vengono attribuite dagli antichi, solo sette sono sopravvissute:
Persiani,
Sette contro Tebe,
Supplici,
Orestea (
Agamennone,
Coefore,
Eumenidi),
Prometeo incatenato. L’
Orestea è l’unica trilogia completa di tutta la produzione tragica greca.