La notte fra il 14 e il 15 gennaio del 1968 diverse città della Valle del Belice in Sicilia furono colpite da un violento terremoto. La città di Gibellina, un piccolo centro dell’entroterra, venne rasa al suolo e ricostruita venti chilometri più a valle. Il saggio indaga il virtuoso processo creativo che, grazie all’impegno di Ludovico Corrao, ha convertito la distruzione in un’occasione di rinascita e prende per la prima volta in esame in maniera esaustiva le opere realizzate sul territorio di Gibellina da artisti come Alberto Burri, Pietro Consagra, Carla Accardi, Nanda Vigo, Arnaldo Pomodoro. Tutte le più cruciali tendenze artistiche dell’età contemporanea sono rappresentate: dall’Informale all’Arte ambientale, dalla Land Art all’Arte pubblica, e tutte sono riconducibili alla dialettica opera/ambiente. Questo saggio studia la relazione tra il centro e la periferia, la dislocazione forzata, lo slittamento visivo e la possibilità di recupero come alcune delle componenti che concorrono a rendere Gibellina luogo metaforico della condizione esistenziale contemporanea, e propone una ricognizione aggiornata delle opere d’Arte ambientale realizzate a e per Gibellina offrendo spunti inediti di riflessione su una realtà in cui rovine e arti visive, distruzione e cultura si incontrano per dare vita a un’utopia ancora oggi attuale.