Niccolò dell’Arca, considerato oggi uno dei più grandi scultori del Quattrocento italiano, rimane per molti versi un enigma. Prima del suo arrivo a Bologna, nell’aprile 1462, non sappiamo nulla di lui. Il Compianto su Cristo morto – la sua prima opera conosciuta –, firmato «Opus Nicolai de Apulia», fu consegnato all’Ospedale di Santa Maria della Vita l’8 aprile 1463. Dopo l’esecuzione del coperchio e dell’ornamento dell’Arca di San Domenico (1469-1473), che completavano il sarcofago eseguito due secoli prima da Nicola Pisano e bottega, Niccolò «de Apulia» divenne Niccolò «de Arca». Tra il Compianto e l’Arca esiste una discrepanza stilistica che è difficile spiegare, data l’assenza di opere e documenti sulla sua formazione. La straordinaria anomalia di Niccolò ha indotto a formulare varie ipotesi: una formazione a Napoli, un ipotetico viaggio in Borgogna, l’incontro con le opere dei pittori ferraresi (Tura, Cossa, Ercole de’ Roberti). Questo libro segue una strada diversa. Documenti perduti e ritrovati, sconosciuti o conosciuti ma ignorati dagli studi, hanno aperto la strada a un’analisi del rapporto di Niccolò con l’ambiente umanistico, non solo bolognese. La figura di Niccolò emerge così in una luce nuova.