«Come A voce alta di Bernhard Schlink e Tu, mio di Erri De Luca, questo breve romanzo europeo riconduce le ombre della guerra a un tempo in cui le illusioni erano all’ordine del giorno, infondendo una luce tragica nell’imperturbabilità della giovinezza e nell’ansia della memoria» André Aciman, autore di Chiamami col tuo nome
Ad Amsterdam, nella calda estate del 1939, due ragazzi di diciassette anni vogano sull'Amstel. Il fiume scorre lento, Anton e David formano un’unità armoniosa con la barca, le acque cristalline e il cielo. La loro felicità è fatta di «carne, muscoli, sole e legno, acqua e pietra». È concreta, palpabile. Mentre l’Europa trattiene il respiro davanti allo spettro della guerra, la vita di Anton e David è lì, è l'intenso allenamento con il riflesso del sole sullo scalmo di rame, due corpi che eseguono gli stessi movimenti, perfettamente sincronizzati, uniti dalla fatica e dall'esaltazione, dal miracolo del lavoro di squadra. Il richiamo costante e irresistibile dell'acqua, la relazione quasi mistica con il fiume, cancellano tutte le paure. Sono due ragazzi profondamente uniti dalla stessa passione, la più forte che mai conosceranno.
Cinque anni dopo, Anton è davanti al club di canottaggio abbandonato. La guerra è sullo sfondo, la casa di David è vuota. Rimane viva, nel corpo e nella mente, la memoria di un'amicizia preziosa e irripetibile, di un tempo dove tutto era ancora possibile, e di quella gioia pura che solo il risultato di uno sforzo fisico può dare.