Una potente macchina di dolore umano non giustificato e non giustificabile. Sembra essere diventata questa oggi l’Antimafia, un sistema dove l’eccezione si fa regola e l’emergenza permanente è l’altare sul quale sacrificare la libertà in nome della lotta al crimine. Confische e sequestri colpiscono migliaia di cittadini e imprenditori mai processati, o piuttosto assolti. Sentenze anticipano leggi, pene crescono al diminuire dei reati e una falsa retorica professa l’idea che il rovesciamento dello Stato di diritto sia necessario alla vittoria sulla malavita.
È un’illusione o, peggio ancora, un inganno, sostiene Alessandro Barbano. Come un virus che infetta ogni cellula, la favola di una legislazione antimafia che tutti i paesi del mondo vorrebbero imitare e l’intimidazione nei confronti di chi si azzarda a criticarla dilagano incontrastate. Per indebolire questo potere senza freni, bisogna revocare la delega che una politica miope ha fatto alla magistratura e che alcune procure hanno trasformato in una leva per mettere la società sotto tutela. Oggi più che mai è necessario tornare a un diritto penale basato su fatti e prove, estirpare il peccato originale del sospetto, definire univocamente il confine fra lecito e illecito. Solo così si può capire che cos’è la mafia. E combatterla davvero.