Sfiducia nella politica e nelle élites; successo dei populismi; democrazie fragili; un sistema internazionale organizzato per nazioni e inadeguato rispetto a pressanti problemi di carattere sovranazionale. L’Ottocento liberale lascia in eredità all’Europa del primo Novecento un assetto sociale, politico e istituzionale giudicato insoddisfacente dai più. Rigettare o ripensare – e come – i fondamenti del liberalismo? Che fare dell’idea di nazione, o di quella di democrazia, vitali tanto quanto tossiche in alcune loro declinazioni? Tra gli scrittori e filosofi che, accanto ai politici e ai teorici politico-sociali, parteciparono prontamente al dibattito, una nutrita schiera di pensatori illustri (che include P. Valéry, T. Mann, B. Croce, J. Ortega y Gasset, R. Musil, S. Zweig, J. Huizinga, T. S. Eliot, H. G. Wells) ritenne che gli antidoti alla fragilità delle società liberali andassero ricercati anzitutto sul versante etico. Chiedendosi cosa significa essere liberali e democratici nella condotta individuale quotidiana, ancor prima che nella vita politica, essi delinearono un’etica minima liberaldemocratica, che la storia dell’idea di Europa tracciata nel presente volume riporta alla luce.