L’Italia, come il resto dell’Europa, deve molto al cosiddetto «scambio colombiano». A sua insaputa Cristoforo Colombo dette il via all’unificazione biologica del pianeta, unificando due sistemi colturali e alimentari che fino ad allora si erano evoluti separatamente. Il risultato fu uno scambio dei frutti della terra che continua ancora oggi.
Come potevano apparire le nuove piante agli italiani dell’età moderna? Le primissime reazioni al Nuovo Mondo furono di curiosità, stupore, meraviglia ma anche di frastornamento.
Una volta arrivate in Europa le piante continuarono a rappresentare una sfida: come classificarle?
Quali di loro potevano essere commestibili, dannose, salutari, medicamentose? Quali sarebbero cresciute bene e quali no?
Per dare un senso all’accoglienza delle piante americane in Italia – mais, pomodori, patate, ecc. –, il libro propone di suddividere in due fasi distinte le traiettorie lungo le quali sono entrate nella catena agroalimentare. La prima fu quella dell’osservazione, caratterizzata dall’identificazione, dall’«esperienza», dallo scambio di informazioni tra studiosi del mondo naturale. La seconda fu quella della naturalizzazione, durante la quale i prodotti del Nuovo Mondo furono resi familiari, «volgari», passando da curiosità botaniche e ornamentali a ortaggi da campo, con un corrispondente balzo in termini di modelli di consumo.
Pur non partecipando direttamente ai viaggi di scoperta e alle conquiste del Nuovo Mondo, Venezia ebbe un ruolo di primissimo piano nella divulgazione di notizie e idee per mezzo della stampa, producendo opere di grande successo che ebbero larga diffusione in Italia e nel resto d’Europa.