I Sonetti di Shakespeare

I Sonetti di Shakespeare

a cura di

pp. 480, 1° ed.
9788829789436
I Sonetti di Shakespeare sono un’opera unica, fra le vette della letteratura mondiale per ampiezza d’argomenti, varietà di sentimenti e situazioni, intensità e complessità metaforica e immaginifica. Unico esempio di epoca elisabettiana in cui l’autore si fonde con il suo titolo nel frontespizio (artificio qui studiatamente riproposto), i Sonetti spiccano per la partecipazione appassionata e l’organizzazione drammatica del materiale, la mescolanza di manierismo formale, slancio intellettuale e sensualismo. L’accento del tutto personale contribuisce all’eccezionalità di tante singole riuscite, che non sembrano avere rivali fra i canzonieri di tutti i tempi e di tutte le nazioni. Svelerebbero l’enigma Shakespeare facendoci entrare nel suo “privato”, un privato piuttosto osé, di segreti scabrosi, rivelazioni intime, confessioni pruriginose. Eppure questi sonetti, che potevano risultare sconcertanti e scandalosi, passarono inosservati; addirittura, c’è chi sostiene che furono soppressi. Si infittiscono gli enigmi. Sono sonetti dell’ultimo Cinquecento, i «sonetti zuccherati» relativamente giovanili, o del primo Seicento, della piena maturità dello scrittore? Impossibile stabilirlo con certezza. Di certo, sono l’espressione lirica di uno scrittore di teatro, eminentemente drammatico, incline a mascherarsi in diversi, contrastanti personaggi.
Non sono di forma petrarchesca, ma di quella detta appunto “shakespeariana”: tre quartine e un distico. Il verso usato – il pentametro giambico – in italiano richiede non l’endecasillabo, troppo breve, ma l’alessandrino o un verso di quattordici sillabe; le volute oscurità, la rima finale e certe rime, gli insistiti giochi di parole vanno mantenuti o suggeriti in una versione che mira a riprodurre le caratteristiche anticonvenzionali dell’originale.

Autore

 nasce a Stratford-upon-Avon nel 1564. Ben poche notizie abbiamo sulla sua vita, soprattutto per il periodo precedente il trasferimento a Londra; ma si può arguire che all’inizio degli anni novanta fosse già discretamente affermato come rifacitore o autore di copioni e come attore: risale infatti agli ultimi anni del secolo la messa in scena dei «drammi storici» (Enrico VI, Riccardo III, Riccardo II, Enrico IV, Enrico V, Re Giovanni), di molte commedie e di capolavori quali Romeo e Giulietta o Sogno di una notte di mezza estate. Con l’avvento di Giacomo i, nel 1603, la compagnia teatrale di Shakespeare si denominerà come quella dei «King’s Men», producendo le tragedie maggiori (Amleto, Otello, Re Lear, Macbeth, Antonio e Cleopatra). Nell’ultima fase Shakespeare si dedica al dramma romanzesco, e con La tempesta (1611), in cui si adombra il congedo dalle scene, conclude la sua carriera, ritirandosi ormai ricco e famoso a Stratford, dove muore nell’aprile del 1616.