La pandemia ha innescato una discontinuità nella vita delle persone e delle imprese. Ha provocato un’accelerazione di tendenze già in atto e ne ha fatte sorgere di nuove, come l’attenzione dei lavoratori ai temi della qualità, delle relazioni sociali e partecipative, delle prospettive di carriera, del welfare. A parità di condizioni, il baricentro è spostato sui caratteri soft (immateriali) più che su quelli hard (salario, posto di lavoro).
L’orizzonte professionale non è più al vertice assoluto dei riferimenti di un individuo se non assieme ad altri aspetti considerati altrettanto o addirittura più importanti, in particolare per le giovani generazioni. Siamo forse all’inizio di una nuova discontinuità che richiede un ripensamento complessivo dell’organizzazione lavorativa delle imprese e delle sue politiche per il capitale umano. All’insegna, più che dello smart working, del light working.