Lettera d'un Padovano al celebre signor abate Denina

Lettera d'un Padovano al celebre signor abate Denina

a cura di

pp. 144 con 30 ill. b/n e 32 ill. a colori, 1° ed.
978-88-317-0692-6
Nella descrizione del suo viaggio attraverso alcune città del nordest d'Italia letta all'Accademia di Berlino, il poligrafo piemontese Carlo Denina, applicando le teorie che collegavano il carattere degli abitanti alle condizioni ambientali del luogo, aveva sostenuto che la bonomia dei padovani denotava assenza di energie combattive e d'ingegno. La risposta del Cesarotti, motivata anche da risvolti personali, nega la fondatezza di quei presupposti adducendo molti esempi di concittadini distintisi nei diversi ambiti dell'agire e del sapere. Ne emerge un ricco panorama di storia e di cultura che risale alla classicità e che dal basso medioevo in avanti si afferma grazie al ruolo delle famiglie di antica tradizione e delle istituzioni culturali di Padova, a partire dall'Università.

Autore

nasce a Padova nel 1730 e compie gli studi presso il Seminario della città. Nel 1760 si stabilisce a Venezia come precettore in casa Grimani e qui traduce le tragedie Cesare e Maometto di Voltaire, pubblicate nel 1762 insieme agli scritti di carattere teorico Ragionamento sopra l'origine e i progressi dell'arte poetica e Ragionamento sopra il diletto della tragedia. La conoscenza di Charles Sackville lo introduce alla poesia ossianica, di cui si fa traduttore e a cui deve immediata notorietà. La prima edizione padovana delle Poesie di Ossian esce nel 1763, seguita da una seconda edizione accresciuta nel 1772 e dalla sistemazione definitiva nel 1801 con l'edizione pisana. Chiamato all'Università di Padova sulla cattedra di lingua greca ed ebraica nel 1768, redige il Corso ragionato di letteratura greca (1781-1784) e le traduzioni dell'Iliade. In occasione dell'aggregazione all'Arcadia accompagna l'invio a Roma del proprio ritratto e di una scelta delle proprie opere con il Saggio sulla filosofia del gusto (1785), a cui affianca nello stesso anno il Saggio sulla filosofia delle lingue. Nel 1800 ha inizio a Pisa la pubblicazione dei 40 volumi delle sue opere, che si conclude postuma nel 1813. Salutato dal proprio allievo Giuseppe Barbieri come «il letterato filosofo dell'età nostra», egli muore nella sua villa di Selvazzano, vicino a Padova, nel 1808.