Soltanto uno scrittore nel pieno della propria maturità e libertà artistica, come era il Goethe del viaggio italiano (1786-88), poteva misurarsi con il mito di Ifigenia e confrontarsi senza inibizioni con il testo di Euripide; con il coraggio di apportarvi varianti sottili e decisive, e di intervenire sul processo interiore di un'eroina già consacrata dall'antica tragedia. Goethe, infatti, non soltanto conduce tutto il dramma lungo il sentiero della parola e della riflessione etica, ma elimina un passaggio finale essenziale: nella sua Ifigenia la soluzione salvifica non viene più dall'intervento esterno della dea Athena, ma dall'azione morale della protagonista che, fedele alla legge scritta nel proprio cuore, può interrompere la catena di orrori e di violenza e sconfiggere l'idea arcaica di destino. È proprio questo il punto centrale dell'opera goethiana che questa edizione intende mettere a fuoco, contro una lunga tradizione interpretativa che ha fatto di Ifigenia l'icona della spiritualità cristiana e quasi l'anima bella della sensibilità pietista. Con l'Ifigenia in Tauride, da lui stesso definita «maledettamente umana», Goethe scrive, in realtà, una delle opere centrali del suo umanesimo alla vigilia della Rivoluzione francese: lasciando intravedere come l'azione morale possa tramutarsi in azione politica, come sia possibile leggere in senso umano la voce dell'oracolo, e come sia consentito sconfiggere la prepotenza del fato e la barbarie dell'antica maledizione. Ancora una volta Goethe prova ad affidare la salvezza a una figura femminile; a una donna che osa disubbidire e opporre al rigorismo maschile la strategia dell'ascolto e della parola.