Nino Barbantini, giovanissimo direttore della Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, da poco istituita, rimane folgorato e sedotto da questa figura elegante, misteriosa e provocante. Sull’onda dell’emozione egli pubblica su un giornale (il glorioso milanese “ La Perseveranza”) una recensione alla mostra che è uno dei testi più originali e più ricchi sull’arte del grande viennese. Barbatini afferma che in Italia, intorno al nome Klimt, si sta vivendo un “ momento di battaglia acceso e non senza asprezza”, e tuttavia, nella sua veemente polemica, egli anticipa e propone strumenti critici e linee di lettura che saranno riproposti solo molto anni più tardi, ivi compreso il prezioso ricchissimo scritto di Jean Clair del 1988 che accosta e compara emblematicamente Klimt al Picasso delle Demoiselles d’Avignon.
Del breve saggio dimenticato di Barbantini parte la inedita ricostruzione di un ambiente culturale e della risonanza che vi ebbe lo “ spitio klimtiano” per forme, gusto e scelte d’arte e di vita. Fino a un’enigmatica “apparente” tarda sconfessione, scritta dallo stesso Barbantini, della sua precoce interpretazione del 1910: ma si tratta davvero di una sconfessione?
dal 1979 è stato direttore dei Musei civici di Venezia, quindi direttore dei Beni e attività culturali del Comune di Venezia e, dalla creazione nel 2008 fino al 2011, della Fondazione Musei Civici. Attualmente insegna Storia dell’urbanistica e della città a Ca’ Foscari ed è vice presidente dell’associazione Chorus.