La storia della Repubblica italiana è stata per lungo tempo la storia dei partiti che l’hanno fondata e, in particolare, di due grandi forze popolari: il Partito comunista italiano e la Democrazia cristiana. Il nostro sistema politico non era infatti basato, come si sente spesso dire oggi, sulla contrapposizione destra-sinistra, ma su una doppia legittimazione: l’antifascismo, che definiva l’area democratica, e l’anticomunismo, fattore imprescindibile per governare in tempi di Guerra fredda, assegnando alla Penisola una posizione del tutto particolare nel panorama europeo. Uniti dalla Carta costituzionale ma divisi dagli schieramenti internazionali di riferimento, il pci e la dc appaiono caratterizzati, nell’analisi del maggiore storico del marxismo italiano, da un intreccio di divergenze ideologiche insuperabili e di generosi tentativi di convergenza. In un mondo in progressiva distensione, questi ultimi apparivano destinati al successo e, invece, franarono cozzando contro resistenze tali da compromettere la stessa tenuta democratica del paese. Ma se negli anni settanta il superamento della «democrazia bloccata» fallì ciò accadde anche per l’incapacità delle stesse organizzazioni politiche e dei loro leader di comprendere che il mondo del dopoguerra stava volgendo al termine. Analizzando i rapporti tra democristiani e comunisti dalla Liberazione alla morte di Moro, in questa ricca disamina di trent’anni di storia italiana Giuseppe Vacca restituisce al lettore un affresco complesso e vivo di una grande stagione nazionale, e offre una chiave di lettura autorevole per comprendere le origini del nostro lungo declino.