?Cose divine è, in Pasolini, l'altro nome del sacro. Rimanda al senso ?dell'ulteriore, dell'eccedente (ma per ciò stesso anche del primigenio ?e dell'autentico) rispetto alla capacità di comprensione, controllo e realizzazione ?degli uomini. Ben prima delle grossolane distinzioni tra fede e scienza, ?tra credenti e non credenti, il sacro è la dimensione da cui attingono e verso cui ?tendono l'aspirazione al bello e al buono, la capacità di stupirsi, la sete d'amore, ?la pietas solidale, l'anelito di giustizia, la consapevolezza del tanto di misterioso ?che ogni vita possiede. Il sacro come domanda, non corredo di riposte; il sacro ?come attesa e scarto. Per Pasolini un doppio impegno: su un versante lo sguardo ?sulle cose divine che si rivelano nell'ambiguità, ma anche la loro spoliazione ?e il ritrarsi sconfitto dell'innocenza di fronte al cancro del consumismo (anche ?del consumismo del sacro) e di fronte al potere di un'economia e di una tecnica ?che non mostrano altro fine che l'autopotenziamento; sull'altro versante, ?lo sforzo disperato di preservarne «il senso» attraverso la dissacrazione ?degli idoli sostitutivi. ?La «scandalosa ricerca» di Pasolini lascia come eredità preziosa una rinnovata ?fioritura di simboli e miti che da sempre germogliano sulla frattura che si crea ?tra il tragico tempo della storia e i tempi delle origini e del non-ancora. ?Ed è questo il Pasolini «estremo» che qui si intende perlustrare da diverse ?angolazioni disciplinari, raccogliendo e riposizionando i contributi ?di antropologi, italianisti e studiosi di cinema che sono stati coinvolti a Casarsa ?e a Bologna in due distinti e complementari convegni nel novembre del 2011, ?in collaborazione tra il Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa e il Centro ?Studi-Archivio della Fondazione Cineteca di Bologna.