La Marfisa bizzarra impegna Carlo Gozzi per l'intera vita, ne riassume le ambizioni letterarie, la visione del mondo, la collocazione appartata e, non ultima, la straordinaria immaginazione. Composta in larga parte sulla soglia degli anni sessanta - gli stessi in cui comincia la prodigiosa avventura delle Fiabe teatrali -, pubblicata dieci anni dopo, riscritta praticamente fino alla morte, nel tentativo di pubblicarne una nuova edizione rivista sulla soglia del nuovo secolo, La Marfisa bizzarra si ripropone ai lettori di oggi a partire dall'autografo ritrovato, con l'offerta di un testo rivisto e riconsiderato nella sua lunga storia compositiva. Carlo Magno e i suoi paladini, l'eroina libera e isterica, l'antica Parigi, conoscono una vita postuma, cenciosa e derelitta nella Venezia settecentesca del «Liston», dei teatri, della moda, delle botteghe da caffè, dei baracconi di fiera, e dei nuovi "libretti" filosofici, in una ricreazione anacronistica e impossibile, che trova un possibile paragone solo nell'universo capriccioso e melanconico di Giandomenico Tiepolo.