Alla XXIX Biennale di Venezia del 1958 l’artista marchigiano fu insignito del Gran Premio per la pittura, un dovuto omaggio a una delle personalità più originali quanto inafferrabili del panorama artistico italiano della prima metà del XX secolo. A 60 anni da quel prestigioso riconoscimento e dalla sua scomparsa, il museo veneziano ricorda il grande maestro con la mostra OSVALDO LICINI. Che un vento di follia totale mi sollevi.
Il curatore della mostra e del catalogo Barbero analizza la storia e le opere di Licini suddividendole in quattro sezioni: Gli esordi: tra la Bologna “cruciale” degli anni dieci e il primo soggiorno a Parigi; Gli anni venti: il tema del nudo e del paesaggio; La ricerca astratta, le “scritture enigmatiche” di Licini; Le invenzioni iconografiche della maturità: le “amalassunte” e gli “angeli ribelli”.
Il saggio di Federica Pirani si sofferma su Le metafore dell’aria di Osvaldo Licini. Tra memoria e oblio: metafore dell’aria e figure appartenenti al regno aereo sono una presenza significativa nell’immaginario poetico e nella pittura di Osvaldo Licini e segnano una costante iconografica che ricorre in tutta la ricerca dell’artista, dagli esordi alle ultime opere. Sileno Salvagnini, nel suo testo Osvaldo Licini e la critica d’arte analizza in maniera approfondita quanto la critica abbia sempre avuto difficoltà a catalogarlo.
Chiude il catalogo un’ampia biografia a cura di Chiara Mari.