Le baruffe chiozzotte

Le baruffe chiozzotte

a cura di , introduzione di

pp. 264, 3° ed.
978-88-317-5804-8

 Goldoni - scrive Giorgio Strehler - arriva ad una perfezione di costruzione per me incredibile. Attraverso proprio la cosa più semplice: raccontando la storia come una sequenza di fatti che egli non inverte o sovrappone ma segue nella sua logica naturale, uno dopo l’altro, con le relative conseguenze e conclusioni. Una scena cade nell’altra e questa in quella successiva, come il tempo umano cade nel momento dopo, continuamente, senza sosta. Goldoni ad un certo punto ferma il movimento delle azioni, del tempo che passa, perché basta così, ma potrebbe benissimo lasciar fluire la storia dei suoi personaggi, passare un’altra notte, apparire un altro giorno, piovere o far sole, luna e alba, e riso e lacrime, e grido e querimonia e atti d’amore e matrimoni, nascite e morti. Potrebbe insomma seguire il movimento dolcissimo e terribile, continuamente pieno di tanta «baruffa», cioè di tanto affannarsi per poco, come se quel poco fosse tutto e tutto vero della vita. Perché la «vicenda» delle Baruffe non si conclude, veramente, mai come non nasce nemmeno mai come «trama», come «fatto interessante», come incatenarsi di eventi straordinari o almeno che valga la pena di annotare: è un pezzo, piccolo o grande che sia, di realtà vitale che quasi non si fa nemmeno mostra di essere poesia, tanto appare spoglio e poco dimostrativo di essere poetico.

Autore

Le numerose edizioni settecentesche che s’intersecano l’una con l’altra, la mancanza degli autografi e la vastità dell’impresa di fronte alle cento e più commedie, alle decine di melodrammi giocosi, di drammi per musica e di altri componimenti teatrali, cui si affiancano poesie, prose amplissime di memoria e un cospicuo epistolario, hanno impedito fino ad ora che si affrontasse la questione dell’edizione critica delle opere di Carlo Goldoni. La cultura italiana e internazionale si era rassegnata e accomodata all’ombra della grande, meritoria fatica di Giuseppe Ortolani iniziata nei primi anni del secolo, senza, tuttavia, un chiaro progetto e senza precisi criteri filologici. Alla base di questa edizione nazionale vi è stata una preliminare indagine sulle stampe volute dall’autore dal 1750 agli anni ultimi della sua lunga vita al fine di determinare, opera per opera, i diversi stadi del testo. Da qui la presenza di un ricco apparato di varianti che illustra l’evoluzione della singola opera fino al momento in cui l’autore non impone ad essa una fisionomia definitiva. Consegnati al teatro, i testi, che erano nati per esso, riprenderanno immediatamente il loro cammino nella continua e molteplice dinamica dell’interpretazione che qui viene di volta in volta ricostruita nelle pagine dedicate alla fortuna.