La morte d'oro

La morte d'oro

a cura di
2° ed.
978-88-317-5809-3
L’itinerario artistico di Tanizaki Jun’ichiro- (1886-1965) può essere quasi interamente ripercorso dal lettore italiano che dispone in traduzione di ben quarantatré titoli, tra racconti e saggi. L’esordio dello scrittore avviene in un’epoca di grandi contrasti quando, così come la società, anche la letteratura riflette la scelta lacerante fra una tradizione millenaria e la via verso l’occidentalizzazione. Tanizaki vive questa frattura attratto dal nuovo e dal moderno, ma sensibile al bisogno di restare ancorato alle proprie radici. Ai primi racconti, ispirati a modelli occidentali eppure sempre rielaborati in linea con il proprio passato culturale, fanno da contrappunto le opere della maturità, che segnano un ritorno più marcato ai motivi e ai modi narrativi della classicità. La sua vasta produzione è multiforme nei temi e nelle tecniche, la sua vena sempre originale. Una continua ricerca estetica lo induce a tratteggiare ideali di bellezza femminile che riflettono l’infatuazione ora per l’esotismo della donna occidentale, ora per una femme fatale con cui vivere un rapporto di sottomissione masochistica, ora per una bellezza femminile celata nella penombra, avvolta nelle antiche sete del kimono. La fantasia, l’ironia, l’ambiguità pervadono la sua idea dell’arte. Dalla realtà egli trae solo spunto per creare un mondo immaginario, un universo della sua mente.

Come un buddha dal corpo d’oro, incorruttibile ed eterno nel suo giardino paradisiaco, il protagonista della Morte d’oro (1914) incarna, nella sua ricerca di perfezione, un ideale di bellezza insolito nell’estetica di Tanizaki Jun’ichiro-. Così inusitato da indurre poi lo scrittore stesso a rinnegarlo. Ma è proprio a quest’opera che Mishima Yukio, affascinato dall’idea del corpo come manifestazione ultima dell’unione tra arte e vita, dedica un saggio pochi mesi prima del suo suicidio nel 1970. Un testo che nasce come originale rilettura della produzione di Tanizaki per poi divenire riflessione teorica sull’«estetica del narcisismo», cioè sulla tentazione dell’artista di fare di se stesso l’oggetto d’arte. Proprio quando ciò si realizza, al protagonista della Morte d’oro, come a Mishima, non resta altra soluzione che la morte sublime. L’atto finale non può che essere il suicidio, il realizzarsi di un sogno e l’ultimo tocco dell’artista.

Autore

(1886 - 1965) possiede un itinerario artistico quasi interamente ripercorso dal lettore italiano che dispone in traduzione di molti titoli, tra racconti e saggi. L’esordio dello scrittore avviene in un’epoca di grandi contrasti quando, così come la società, anche la letteratura riflette la scelta lacerante fra una tradizione millenaria e la via verso l’occidentalizzazione. Tanizaki vive questa frattura attratto dal nuovo e dal moderno, ma sensibile al bisogno di restare ancorato alle proprie radici. Ai primi racconti, ispirati a modelli occidentali eppure sempre rielaborati in linea con il proprio passato culturale, fanno da contrappunto le opere della maturità, che segnano un ritorno più marcato ai motivi e ai modi narrativi della classicità. La sua vasta produzione è multiforme nei temi e nelle tecniche, la sua vena sempre originale. Una continua ricerca estetica lo induce a tratteggiare ideali di bellezza femminile che riflettono l’infatuazione ora per l’esotismo della donna occidentale, ora per una femme fatale con cui vivere un rapporto di sottomissione masochistica, ora per una bellezza femminile celata nella penombra, avvolta nelle antiche sete del kimono. La fantasia, l’ironia, l’ambiguità pervadono la sua idea dell’arte. Dalla realtà egli trae solo spunto per creare un mondo immaginario, un universo della sua mente.