Scoperta e pubblicata nel 1928 da Emilio Lovarini, La Veniexiana, di anonimo, è subito apparsa come il frutto più cospicuo e straordinario del teatro cinquecentesco, non solo italiano. L’azione, semplice e lineare, si tinge dei colori di uno sconvolgente erotismo, sullo sfondo di una Venezia intensamente intrisa, nelle sue calli e nei suoi canali e all’interno dei suoi palazzi, della malinconia della passione. I personaggi sono sbalzati con rara forza espressiva, soprattutto quelli femminili, ritratti con straordinario realismo: sì che grandi attrici hanno voluto misurarsi impersonando in scena la vedova smaniosa d’amore e spaurita dall’incalzare del tempo. L’annotazione di Giorgio Padoan, che con ricerche d’archivio è riuscito a datare la commedia e addirittura a identificare le protagoniste in due nobili Valier, restituendo certe tinteggiature aretinesche, rivela nel testo una sorprendente puntigliosa esattezza di particolari, reintegrando i primitivi vivi colori che la polvere del tempo aveva stinti. E per la prima volta sono qui inseriti anche i componimenti che venivano cantati come intermezzi.