Il poeta fanatico appartiene al nucleo originario delle sedici «commedie nuove» - da scriversi entro lo spazio d'un anno secondo i termini della celebre scommessa - e fu composta nel 1750 a Milano con il titolo I poeti poi mutato nel 1754. La commedia appartiene, dunque, alla fase iniziale della riforma goldoniana: vi convergono sia la tradizione dell'Arte sia quella del teatro di autore, ma non vi mancano la levità dell'opera buffa e la satira delle mode attuali. Qui viene assunta come oggetto del divertente dileggio la «poesia delirante» - così la definisce il Goldoni stesso - coltivata all'interno di una delle tante improvvisate e provvisorie accademie in cui il secolo diciottesimo disperse il progetto e il patrimonio della prima Arcadia. I personaggi sono pochi ma pressoché da tutti si rovescia sulla scena una divertente profluvie di parole in rima. Sono versi inventati dal Goldoni, a dimostrazione della facilità con cui si potesse «delirare» adattando temi, stilemi, ritmi e clausole affidati da secoli ai fedeli nonché agli illusi cultori dell'esercizio poetico. Ma la poesia può essere d'aiuto all'amore e all'educazione di sentimenti sinceri quando sia espressione di un genuino idillio - Rosaura e Florindo - e quando sia ricondotta a una dimensione conviviale: sottratta alla grottesca ineffabilità del «sublime» grazie anche alla presenza degli improvvisatori e della loro vena popolare, l'accademia diventa strumento di socializzazione e costruttivo confronto di temperamenti diversi, da Beatrice, moglie saggia e burbera del maniaco Ottavio, ai servitori Arlecchino e Brighella, prontamente disposti a snocciolare versi.
Marco Amato si è occupato prevalentemente di letteratura settecentesca e in particolare dei rapporti tra letteratura e pubblicistica nella cultura veneziana del Settecento.