Tito Annio Milone comparve in tribunale nell’aprile del 52 a.C., accusato di aver ucciso nel gennaio dello stesso anno il tribuno Clodio, che con le sue bande sosteneva da sempre gli interessi dei populares. Un’inarrestabile ascesa, quella di Milone, favorita dalla sua attività di fiancheggiatore degli ottimati con le sue bande di picchiatori professionisti, seguita da un’altrettanto inarrestabile discesa proprio quando, con l’eliminazione di Clodio, sembravano dischiudersi per lui addirittura le porte del consolato. Ma nel momento cruciale venne a mancargli il sostegno di Pompeo, ormai desideroso di restare unico protagonista della vita politica.
Di fronte a un tribunale straordinario e sotto la pressione ostile di una folla vociante Cicerone non seppe organizzare un efficace discorso di difesa e non riuscì a convincere i giudici della peraltro improbabile innocenza di Milone. Tuttavia il discorso a noi giunto, frutto di una successiva rielaborazione, è il capolavoro dell’oratoria politica ciceroniana e, in assoluto, della prosa giuridica.