Lamia: donna serpente, figura del male e della ?seduzione, inganno dei sensi e del cuore. Ma anche ?figura tragica, essa stessa ingannata e condannata ?a svanire e disfarsi alla luce fredda e tagliente ?della ragione, sotto lo sguardo intrusivo e impietoso ?dei mortali e di un mondo dal quale sono fuggiti ?gli dei e i miti, i giochi infiniti del sogno e della ?poesia, lo spazio irriducibile dell'ambiguità ?e delle metamorfosi. La storia di Lamia e Licio, ?incorniciata da quella dell'amore di Hermes ?per una ninfa del bosco, è storia dell'incontro ?impossibile tra dei e mortali, tra sogno e realtà, ?tra illusione e verità, tra poesia e ragione. ?Scritto nel 1819 e pubblicato nel '20, a circa un anno ?dalla morte del poeta, questo poemetto narrativo ?fa parte, insieme a Isabella, La Vigilia di Sant'Agnese ?e La Belle Dame Sans Merci, dei grandi romances ?keatsiani, in cui il contrasto illusione-realtà ?è esemplificato sull'eros. ?Un contrasto che però non è riducibile in un senso ?o nell'altro, come troppo spesso è avvenuto ?nella critica, che ha fatto prevalere ora l'immagine ?di un Keats sognatore ed estetizzante ora quella di un ?Keats più «maturo» e disposto ad accettare ?il principio di realtà. Nella intensa e innovativa ?lettura di Silvano Sabbadini, Lamia mostra l'impasse ?tragica in cui Keats e la sua stessa concezione ?della poesia erano venuti a trovarsi: realtà e illusione ?sono di fatto generate da un medesimo sistema, ?e la distruzione del sogno conduce non alla «realtà», ?ma a uno spazio vuoto in cui nessuna voce trova più ?casa se non quella della poesia, che mette in scena ?l'assenza della conciliazione ma anche il suo bisogno ?irrinunciabile. Svanita Lamia e ridotto Licio ?a semplice spoglia di «manto nuziale», i due amanti ?rimangono accomunati dalla aspirazione impossibile ?a essere umani, e a uscire da quella storia che ?entrambi li ha determinati.?