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Medea

Medea

introduzione e traduzione di , commento di
4° ed.
978-88-317-6534-3

Una donna abbandonata dal marito, privata della dignità del suo stato sociale e dei piaceri dell’intima convivenza, si vendica compiendo un atto atroce: uccide i propri figli. È questa, nella sostanza dei fatti, la tragedia di Medea che, con il suo gesto estremo, pone un estremo dilemma: come è possibile giungere a tal punto? Figura ambigua nelle sue valenze di maga, di discendente del dio Sole, di donna dai saperi molteplici, Medea - eroina negativa ma non meno famosa di un’Alcesti o di un’Antigone - continua a riproporre nei secoli il suo inquietante enigma: può una donna - per vendetta per gelosia per amore - uccidere i propri figli? In nome di quale giustizia? In nome di quali dei? 

 

 

 

 

Autore

nasce nel 480 a.C. a Salamina e muore nel 406 in Macedonia, alla corte del re Archelao. Scarse sono le notizie concrete sulla sua vita, molte le leggende fiorite sul suo conto. Poco amato – perché poco capito – dal pubblico contemporaneo, ebbe una grande fortuna postuma e fu il più letto e il più conosciuto dei tre grandi tragici greci nel corso dei secoli. Della sua vasta produzione (gli si attribuiscono una novantina di drammi) sono pervenute a noi diciassette tragedie (Alcesti, Medea, Ippolito, Eraclidi, Supplici, Andromaca, Ecuba, Elettra, Eracle, Ione, Troiane, Ifigenia in Tauride, Elena, Fenicie, Oreste, Ifigenia in Aulide, Baccanti) e un dramma satiresco, il Ciclope. Di incerta attribuzione è il Reso.