Una trama esile ma con diversi piani di lettura, un andare svagato che sembra rimandare all'infinito il tema principale, un'intensa nostalgia del passato, il ricordo ricorrente di suoni e di colori, una polifonia narrativa che trova spazio in un ambiente naturale tra i più affascinanti nonché culla della storia giapponese: tutto questo è Yoshino, romanzo breve che Tanizaki completò nel 1931. Non è un diario di viaggio, anche se di viaggio si parla, è piuttosto un percorso della memoria. Per uno dei due protagonisti, uno scrittore, lo scopo in partenza era ddi ritrovare tracce di un periodo turbolento nella storia della corte imperiale per un romanzo storico, per l'amico quello di far sua una giovane donna che nei lineamenti gli richiama la madre perduta. Sono i ricordi che si affollano, i fantasmi del passato, la presenza allo stesso tempo inquietante e fiabesca della volpe, i richiami alla classicità, le citazioni preziose a fare da cornice alla vicenda, ma soprattutto la grande sensualità dello scrittore-protagonista. E' un inno alla gioia data dalle piccole cose: la luce dorata diffusa attraverso la carta, il gusto di cibi semplici ma succulenti, i suoni familiari di antichi mestireri. Con questo testo, ricco di suggestioni, dove erudizione e fantasia si fondono mirabilmente Tanizaki raggiunge l'apice della sua produzione poetica.
L'itinarario artistico di Tanizaki Jun' ichiro (1886-1965) può essere quasi interamente ripercorso dal lettore itliano che dispone in traduzione di ben quarantatrè titoli, tra racconti e saggi. L'esordio dello scrittore avviene in un'epoca di grandi contrasti quando, così come la società, anche la letteratura riflette la scelta lacerante fra una tradizione millenaria e la via verso l'occidentalizzazzione. Tanizaki vive questa frattura attratto dal nuovo e dal moderno, ma sensibile al bisogno di restare ancorato alle proprie radici. Ai primi racconti, ispirati a modelli occidentali eppure sempre rielaborati in linea con il proprio passato culturale, fanno da contrappunto le opere della maturità, che segnano un ritorno più marcato ai motivi e ai modi narrativi della classicità.
La sua vasta produzione è multiforme nei temi e nelle tecniche, la sua vena sempre originale.
Una continua ricerca estetica che lo induce a tratteggiare ideali di bellezza femminile che riflettono l'infatuazione ora per l'esotismo della donna occidentale, ora per una bellezza femminile celata nella penombra, avvolta nelle antiche sete del kimono. La fantasia, l'ironia, l'ambiguità pervadono la sua idea dell'arte. Dalla realtà egli trae solo spunto per creare un mondo immaginario, un universo della sua mente.
Adriana Boscaro ha curato per la Letteratura universale Marsilio La bella storia di Shidokeden di Hiraga Gennai (1990, 1999) e Storia di un tagliabambù di Anonimo (1994, 2002) nell'ambito della collana di classici giapponesi "Mille gru" da lei diretta.