"Quando si è innamorati sul serio, convien restar soli Qualche cosa si salva!" afferma, mentre cala il sipario, il gobbo Càspita, chitarrista squattrinato, in Il terzo amante (1929), commedia magistrale, nella quale tutti sono sconfitti, compresi i sentimenti più alti: unica salvezza, forse il ricordo! E alla memoria, quella della guerra, sempre presente anche - paradossalmete - quale struggimento, nella sua Su da noi (1931), ambientando il primo atto addirittura in una trincea, mentre gli altri due si svolgono al termine del conflitto in un paese della montagna bellunese e pongono le problematiche del reduce, il suo disadattamento, principalmente a livello familiare. Con Il mondo senza gamberi (1932) siamo all'interno di quel "profetismo" che già Salvator Gotta spesso amava sottolineare in Rocca: lo scienziato Magister sai scopre una mollica con la quale si possono uccidere a distanza singole persone, ma anche l'intera umanità. Quindi gli eserciti avversari si paralizzano, dichiarano reciprocamente la pace, mentre i nemici si riconciliano e il male dal mondo sembra bandito, almeno temporaneamente! Dello stesso anno, il 1932, sono il radiodramma I due ultimi del "Krak" che rivela l'attenzione del commediografo verso questo nuovo mezzo di comunicazione, sfruttato in tutte le sue potenzialità, mentre Checo e Mustaci de fero - dove il protagonista Gaetano Stevenin, maresciallo in pensione, è dipinto con tinte tra il patetico e il comico-surreale - concludono alla grande l'esperienza dialettale, della quale comunque rimane una traccia, a livello di rimpianto per un mondo perduto, di reale malinconia, in Venezia (1933), due atti ambientati rispettivamente sulla laguna e a Milano, quasi nota biografica di Rocca, segno d'amore verso due città che ebbe sempre nel cuore.