Legata a ricordi giovanili del commediografo - spettatore vivamente impressionato, in più occasioni, da episodi bellici che registrerà nella propria autobiografia, nonché memore del buon esito dell'Amante militare - nel 1760 va in scena La guerra, mentre Venezia assiste, mantenendosi neutrale, alla Guerra dei Sette Anni. Goldoni propone qui movimentate vicende di assedio e battaglie, sfidando la difficoltà di rappresentarne con i mezzi tecnici del tempo le inconsuete potenzialità spettacolari. Fedele ai principi della sua riforma teatrale, rinuncia ai facili effetti «esotici» che potevano derivare dall'evocazione sul palcoscenico di guerre combattute in paesi o epoche lontani - come avevano fatto quasi tutti gli autori suoi contemporanei, dal Chiari a Carlo Gozzi, e come lui stesso si era concesso in occasione della tragicommedia Gli amori di Alessandro Magno - e punta piuttosto a un'acuta descrizione della varia umanità che si incontra sul campo di battaglia e nei dintorni, con la sua mescolanza di eroismo e virtù, ipocrisia e vizio: ebbrezza, gioco, lussuria. Su tutto prevale comunque, e qui sta l'originalità di Goldoni, il senso di precarietà della vita umana e della vanità di certe illusioni di cui i protagonisti si fanno portavoce, e che proprio la guerra con i suoi esiti sempre luttuosi scandisce inesorabilmente.