Mimetizzato sotto forma di mobilità professionale e di mobilità geografica, il nomadismo rinasce al cuore della nostra società. Si moltiplicano i lavoratori che, per una ragione o per laltra, sono chiamati a diventare imprenditori di loro stessi. Nessuno di questi nuovi nomadi ha più legami fissi, sicuri, a tempo indeterminato. Tutti si trovano, al contrario, in una situazione instabile, ricca di rischi e di opportunità. Le cassandre del post-fordismo (sindacalisti, sociologi, politici...) descrivono questa situazione in termini apocalittici. Eppure, la realtà è più complessa. Stiamo passando da un sistema che utilizzava il lavoro in forma collettiva, ad un sistema che lo impiega in forma individuale. Allinterno del quale le ricompense sono in presa diretta con la produttività individuale, e dipendono sempre meno dallanzianità di servizio o da altri meccanismi burocratici. In un sistema del genere i lavoratori si spostano di frequente e le imprese competono per accaparrarsi i migliori. È la guerra per il talento, della quale tanto si parla nel mondo anglosassone. In Europa, però, i nomadi non godono di buona stampa. Suscitano diffidenza perché sono "di passaggio". Non sviluppano né un sentimento di fedeltà nei confronti delle aziende, né un senso di appartenza rispetto alla comunità dei colleghi di lavoro. La loro forza non dipende da strategie collettive, come quella dei lavoratori fordisti, bensì dal valore aggiunto che sono in grado di generare a livello individuale. Ecco perché i sindacati fanno di tutto per emarginarli e i governanti faticano a comprenderli. Così, però, si perpetua lantica cultura antimeritocratica europea, frutto dellincontro tra la tradizione cattolica e lideologia marxista. Che premia la rendita, più dello sforzo, e lorigine sociale più del merito individuale. Che tende a livellare più che a differenziare, e finisce con lessere incapace sia di ricompensare i meriti che di provvedere ai bisogni. In queste condizioni, non cè da stupirsi se gli squilli di tromba e i rulli di tamburo che hanno accompagnato la nascita di Eurolandia non sono bastati a trattenere i giovani europei più brillanti, che fuggono verso le università americane e verso Silicon Valley. In questo libro, Giuliano da Empoli ricostruisce il quadro della demeritocrazia europea, ma si sforza al tempo stesso di individuare i più recenti elementi di controtendenza.
Giuliano da Empoli ha ventisei anni. Laureato in giurisprudenza, svolge attività di ricerca presso lInstitut dEtudes Politiques di Parigi. A Roma è consigliere del ministro per le Riforme istituzionali. Con Marsilio ha pubblicato Un grande futuro dietro di noi (19962), dedicato al conflitto tra le generazioni in Italia.