Il libro raccoglie i più importanti scritti leopardiani non ancora usciti in volume di Cesare Galimberti, che di questo filosofo-poeta è considerato uno tra i più significativi studiosi del secondo Novecento. I saggi, di ormai difficile reperimento, non sono collocati secondo un ordine cronologico, ma secondo un sottile filo conduttore che si fonda sulla convinzione della natura inscindibile di poesia e filosofia in Leopardi. Sostenute da questa premessa si susseguono letture analitiche di alcuni tra i più importanti testi poetici e prosastici. Lo scritto che chiude il volume ripropone la principale linea che - da Linguaggio del vero in Leopardi (Firenze, Olschki, 1959) - ha guidato le ricerche successive di questo studioso: lindividuazione della tensione conoscitiva leopardiana attraverso il linguaggio poetico in quanto tale.
È una tensione che appare caratterizzata dal senso di un nulla da cui sembrano emergere, in modo inesplicabile e incantevole, anche apparizioni libere dalla insensatezza e dal male: quasi "cose che non son cose" in cui paradossalmente si squaderna un "non essere" sentito come unico rifugio.
Cesare Galimberti è nato nel 1928 a Venezia, dove vive. È professore emerito di letteratura italiana dellUniversità di Padova. A Leopardi ha dedicato la maggior parte della sua attività di studioso: da ricordare ancora, fra laltro, lintroduzione e il commento alle Operette morali (Napoli, Guida, 1977, 19985), la postfazione e il commento ai Pensieri (Milano, Adelphi, 1982) e il saggio introduttivo a Poesie e prose nei "Meridiani" di Mondadori (Milano 1987).