Della censura dei libri

1730-1736
a cura di

pp. 90
978-88-317-7992-0

Carlo Lodoli (1690-1761) è noto soprattutto come grande teorico di un’architettura razionale e funzionalista in grado di abbandonare canoni e modelli barocchi. Spirito irrequieto e anticonformista, ricordato dal poeta pornografo Giorgio Baffo come il "filosofo sporco d’ogni vizio" e il "letterato tanto temerario", fu anche il maestro e l’educatore del gruppo di patrizi veneziani maggiormente impegnati nei tentativi di riformare la vecchia repubblica marciana. Dal 1723 al 1741 Lodoli fu uno dei principali responsabili della censura veneta, alla quale prestò la sua opera nell’intento di rimodernarne le strutture, finché non venne destituito su pressione di un gruppo di patrizi ostili alla sua politica di apertura. In tale veste fu autore di alcune originali relazioni, risultato dei suoi studi sulla legislazione che regolava la stampa. Nonché dell’osservazione delle pratiche ordinarie dei censori e degli espedienti a cui librai e stampatori si affidavano per eludere le norme. In questi scritti, per la prima volta pubblicati, Lodoli traccia un profilo complessivo della censura veneziana e dei suoi rapporti con le autorità ecclesiastiche, sostenendo la necessità per un moderno principe di assumersi l’intera responsabilità del controllo sugli scritti che si muovevano nei suoi territori. Il bersaglio principale è la censura religiosa e la meccanica applicazione degli indici romani, nella convinzione che colpire i vincoli ecclesiastici fosse la prima condizione per soddisfare le impellenti necessità di scambio intellettuale del secolo dei Lumi.

Mario Infelise insegna all’Università Ca’ Foscari di Venezia (Dipartimento di studi storici). Tra i suoi libri L’editoria veneziana nel ’700 (Angeli 1989) e I libri proibiti. Da Gutenberg all’Encyclopédie (Laterza 1999).