La commedia racconta l’insofferenza di due giovani attori «innamorati». Nel sistema teatrale del tempo era quello un ruolo impegnativo e vincolante. Gli attori che lo interpretavano erano obbligati a recitare su toni alti, enfatici, letterari. Il pubblico voleva da loro posture monumentali, convenzionali, di maniera. Goldoni approfitta della presenza nella compagnia del San Luca di una giovane diva, Caterina Bresciani, particolarmente bizzosa e indisciplinata, per mettere in discussione quel sistema. La storia di un matrimonio continuamente rimandato diventa la trama utile a evidenziare un simile talento, che per tutta la commedia cerca di imporre il suo protagonismo femminile improvvisando scenate ad effetto. Anche lo zio Fabrizio deve recitare per nascondere la sua povertà agli altri e a se stesso. Si convince di essere un grande cuoco e un grande collezionista di quadri. Tutti quelli che avvicina gli appaiono grandi, straordinari, irripetibili, unici. Per questa parte Goldoni non sceglie – come dettava la regola professionale – un attore specializzato nel ruolo di vecchio: non fa di Fabrizio un Pantalone spiantato, come forse il pubblico si sarebbe aspettato. Promuove in quella parte Brighella, un primo zanni, particolarmente adatto alle tirate e ai monologhi culinari. In questo modo sfrutta in chiave psicologica le qualità mimetiche del ruolo, confermando l’atto di nascita del moderno «caratterista», un attore che doveva essere capace di usare le doti di improvvisazione e trasformismo della Commedia dell’Arte per fabbricare i nuovi ritratti realistici cavati dalla società del tempo.