Rappresentata per la prima volta a Verona nellestate del 1749, Il cavaliere e la dama è una tappa fondamentale nel cammino di Goldoni verso la riforma. Al centro dellintreccio (ambientato in una Napoli che è in realtà una trasparentissima Venezia), la società aristocratica dei cicisbei che insidiano la virtù di una dama, Eleonora, costretta alla solitudine, miserabile ma operosa, dallesilio del marito, colpevole daver ucciso un uomo in duello. Attorno a Eleonora si muovono Rodrigo, cavaliere timido e impacciato, perché veramente innamorato, il vecchio mercante Anselmo, che aiuta come può, senza pretendere ricompense, la ritrosa aristocratica; e poi i malvagi - don Flamminio, sua moglie Claudia, la cinica Virginia, il debole Alonso -, che si divertono a scommettere sulla saldezza della virtù femminile (in palio, simbolicamente, un orologio doro). Gli spunti comici (riservati tradizionalmente alla gesticolazione degli zanni) si mescolano al momento patetico, se non schiettamente larmoyant, quando Eleonora si ritrova prima trafitta dalla maldicenza, poi improvvisamente vedova. Il lieto fine, cioè il matrimonio tra Eleonora e Rodrigo, stipulato anche grazie allaffettuosa complicità di Anselmo, appare un ultimo, didascalico elogio dellamore borghese, contro la pratica pettegola e corruttrice del "serventismo".
Le numerose edizioni settecentesche che sintersecano luna con laltra, la mancanza degli autografi e la vastità dellimpresa di fronte alle cento e più commedie, alle decine di melodrammi giocosi, di drammi per musica e di altri componimenti teatrali, cui si affiancano poesie, prose amplissime di memoria e un cospicuo epistolario, hanno impedito fino ad ora che si affrontasse la questione delledizione critica delle opere di Carlo Goldoni. La cultura italiana e internazionale si era rassegnata e accomodata allombra della grande, meritoria fatica di Giuseppe Ortolani iniziata nei primi anni del secolo, senza, tuttavia, un chiaro progetto e senza precisi criteri filologici. Alla base di questa edizione nazionale vi è stata una preliminare indagine sulle stampe volute dallautore dal 1750 agli anni ultimi della sua lunga vita al fine di determinare, opera per opera, i diversi stadi del testo. Da qui la presenza di un ricco apparato di varianti che illustra levoluzione della singola opera fino al momento in cui lautore non impone ad essa una fisionomia definitiva. Consegnati al teatro, i testi, che erano nati per esso, riprenderanno immediatamente il loro cammino nella continua e molteplice dinamica dellinterpretazione che qui viene di volta in volta ricostruita nelle pagine de- dicate alla fortuna.
Franco Arato insegna nei licei e, a contratto, letteratura italiana presso la Facoltà di lingue e letterature straniere dellUniversità di Bergamo; ha pubblicato recentemente La storiografia letteraria nel Settecento italiano (Pisa, ets, 2002).