Unavvenente donna illirica fatta schiava dai corsari e contesa da più amanti, un pirotecnico dispiegarsi di scene belliche e drammi interiori, una cornice esotica che combina costumi barbareschi e splendore coreografico delle milizie dalmate: tutto questo è La dalmatina, che nel 1758 infiammò le platee veneziane e rimase per qualche decennio nella hit parade della produzione goldoniana, per sprofondare poi in un solido e significativo oblio. Sotto le spoglie di una tragicommedia in versi martelliani, lautore aveva infatti confezionato unopera militante e avanguardistica che, mettendo in scena virtù illiriche e amor patrio, interpretava tempestivamente i nuovi interessi politici della Serenissima e al tempo stesso inaugurava - con consistente anticipo sul suo principale sviluppo - la luminosa quanto controversa stagione della "riscoperta" della Dalmazia. Travolta per due secoli dal tumultuoso scorrere degli eventi, solo oggi La dalmatina può forse dispiegare tutto il fascino dellirrisolta ambiguità attraverso cui venne coniugando il tributo commosso al "Leon generoso che dolcemente impera" con la persuasa professione di fede in un patriottismo cosmopolita; nonché suggerire, in modi tanto insoliti quanto suggestivi, la varietà di forme in cui si espresse la maestria drammaturgica di Carlo Goldoni.
Le numerose edizioni settecentesche che sintersecano luna con laltra, la mancanza degli autografi e la vastità dellimpresa di fronte alle cento e più commedie, alle decine di melodrammi giocosi, di drammi per musica e di altri componimenti teatrali, cui si affiancano poesie, prose amplissime di memoria e un cospicuo epistolario, hanno impedito fino ad ora che si affrontasse la questione delledizione critica delle opere di Carlo Goldoni. La cultura italiana e internazionale si era rassegnata e accomodata allombra della grande, meritoria fatica di Giuseppe Ortolani iniziata nei primi anni del secolo, senza, tuttavia, un chiaro progetto e senza precisi criteri filologici. Alla base di questa edizione nazionale vi è stata una preliminare indagine sulle stampe volute dallautore dal 1750 agli anni ultimi della sua lunga vita al fine di determinare, opera per opera, i diversi stadi del testo. Da qui la presenza di un ricco apparato di varianti che illustra levoluzione della singola opera fino al momento in cui lautore non impone ad essa una fisionomia definitiva. Consegnati al teatro, i testi, che erano nati per esso, riprenderanno immediatamente il loro cammino nella continua e molteplice dinamica dellinterpretazione che qui viene di volta in volta ricostruita nelle pagine de- dicate alla fortuna.
Anna Scannapieco, docente di letteratura italiana contemporanea presso la Facoltà di lettere dellUniversità di Venezia, si è occupata prevalentemente di problematiche legate alla tradizione dei testi teatrali. Nellambito di questa edizione nazionale ha curato Il padre di famiglia e La buona madre.