Come ritrova e fa suoi, Leopardi, soprattutto il Leopardi poeta, accenti, forme, figure dellantico: Achille e Priamo e Ettore e Andromaca dellIliade, o Penelope, o Circe virgiliana, o la Saffo di alcuni aurei frammenti e di Ovidio? Come ha interrogato certe prime icone (Democrito, Eraclito) della sapienza occidentale? In cerca di quali virtù e dignità delle "anime grandi" che la modernità, nemica del Sublime, ha ucciso? Con quali mediazioni, da Montaigne a La Rochefoucauld a Monti? Con quali affinità, in particolare, con un Hölderlin? Questo libro, che unisce la discorsività al rigore, mira a una lettura totalmente nuova, e sempre partendo dal testo poetico, della memoria leopardiana dellarché: di quellinizio cui Leopardi ha guardato con una nostalgia della pienezza e della gioia che rispunta di continuo nei Canti.
Gilberto Lonardi è professore ordinario di Letteratura italiana nella facoltà di Lettere dellUniversità di Verona. Tra i suoi libri: Il Vecchio e il Giovane e altri studi su Montale (Zanichelli 1980), Alcibiade e il suo dèmone. Parabole del moderno tra DAnnunzio e Pirandello (essedue edizioni 1988), Ermengarda e il Pirata. Manzoni, dramma epico, melodramma (il Mulino 1991). Ha curato edizioni di Manzoni (Marsilio) e di Sereni (Rizzoli). Quanto a Leopardi: Classicismo e utopia nella lirica leopardiana (Olschki 19862), Leopardismo (Sansoni 19892). Il saggio più recente è Il fiore delladdio. Leonora, Manrico e altri fantasmi del melodramma nella poesia di Montale (il Mulino 2003).