«È venuto il diavolo quest’anno a farmi perdere il gusto della villeggiatura»
«I due libri su’ quali ho più meditato, e
di cui non mi pentirò mai di essermi servito, furono il Mondo e il Teatro» Carlo Goldoni
Le numerose edizioni settecentesche che s’intersecano l’una con l’altra, la mancanza degli autografi e la vastità dell’impresa di fronte alle cento e più commedie, alle decine di melodrammi giocosi, di drammi per musica e di altri componimenti teatrali, cui si affiancano poesie, prose amplissime di memoria e un cospicuo epistolario, hanno impedito fino ad ora che si affrontasse la questione dell’edizione critica delle opere di Carlo Goldoni.
La cultura italiana e internazionale si era rassegnata e accomodata all’ombra della grande, meritoria fatica di Giuseppe Ortolani iniziata nei primi anni del secolo, senza, tuttavia, un chiaro progetto e senza precisi criteri filologici.
Alla base di questa edizione nazionale vi è stata una preliminare indagine sulle stampe volute dall’autore dal 1750 agli anni ultimi della sua lunga vita al fine di determinare, opera per opera, i diversi stadi del testo. Da qui la presenza di un ricco apparato di varianti che illustra l’evoluzione della singola opera fino al momento in cui l’autore non impone ad essa una fisionomia definitiva. Consegnati al teatro, i testi, che erano nati per esso, riprenderanno immediatamente il loro cammino nella continua e molteplice dinamica dell'interpretazione che qui viene di volta in volta ricostruita nelle pagine dedicate alla fortuna.
Oscurata dalla Trilogia della villeggiatura, questa commedia che inaugura il carnevale del 1756 segna una svolta nel fertile filone goldoniano del teatro di villa e villeggiatura. Qui l’autore raccoglie i frutti di un percorso drammaturgico iniziato con il Momolo sulla Brenta (poi Il prodigo) e continuato con La castalda / La gastalda, La cameriera brillante, I malcontenti, nonché con numerosi intermezzi e drammi giocosi, tra i quali spicca L’Arcadia in Brenta musicata dal Galuppi. In questa Villeggiatura si completa il progressivo affrancamento dalla satira di costume sugli sprechi e le vanità della villa a vantaggio di un’interiorizzazione dei conflitti sentimentali e ideologici che si accentuano nella libertà della vacanza. Al centro della pièce è infatti il dramma della malmaritata donna Lavinia che cerca invano di compensare la crisi coniugale con l’assurda fedeltà a un cavalier servente, il libertino esprit fort don Paoluccio, mentre tutto sembra congiurare contro la sua morale e anche il mondo della campagna è travolto dal vizio. E dietro la nuova complessità di Lavinia si profila già l’ombra di Giacinta, la grande protagonista della futura Trilogia.
Quinto Marini insegna letteratura italiana nella Facoltà di lettere dell’Università di Genova. Si è recentemente occupato di Letteratura di villa e di villeggiatura e ha curato l’edizione dell’Arcadia in Brenta di Giovanni Sagredo per la collana «I Novellieri Italiani» (Roma, Salerno Editrice, 2004).