“Se un’opera va mal, dice il poeta:
‘La mia composizion è buona e bella;
quel ch’ha fallato è il mastro di capella’”
Le numerose edizioni settecentesche che s’intersecano l’una con l’altra, la mancanza degli autografi e la vastità dell’impresa di fronte alle cento e più commedie, alle decine di melodrammi giocosi, di drammi per musica e di altri componimenti teatrali, cui si affiancano poesie, prose amplissime di memoria e un cospicuo epistolario, hanno impedito fino ad ora che si affrontasse la questione dell’edizione critica delle opere di Carlo Goldoni.
La cultura italiana e internazionale si era rassegnata e accomodata all’ombra della grande, meritoria fatica di Giuseppe Ortolani iniziata nei primi anni del secolo, senza, tuttavia, un chiaro progetto e senza precisi criteri filologici.
Alla base di questa edizione nazionale vi è stata una preliminare indagine sulle stampe volute dall’autore dal 1750 agli anni ultimi della sua lunga vita al fine di determinare, opera per opera, i diversi stadi del testo. Da qui la presenza di un ricco apparato di varianti che illustra l’evoluzione della singola opera fino al momento in cui l’autore non impone ad essa una fisionomia definitiva. Consegnati al teatro, i testi, che erano nati per esso, riprenderanno immediatamente
A partire dal 1748 Goldoni, su incarico del lungimirante Angelo Mingotti, impresario del teatro veneziano di San Moisè, prima adatta vecchi libretti comici per musica e poi comincia a crearne di nuovi. Con queste burlette consolida una serie di convenzioni drammaturgiche e formali che stanno alla base della fortuna di una delle più significative espressioni culturali europee nella seconda metà del xviii secolo: l’opera buffa.
Nati dalla stretta e fruttuosa collaborazione del poeta coi «musici», ossia con i cantanti, e coi «maestri», ovvero con i compositori, questi libretti presentano una galleria di personaggi e di situazioni che, pur nell’indubbio riuso di elementi derivati dalla commedia dell’arte, riflettono con impudica originalità, e talora con una cattiveria autentica, molti aspetti della società veneziana coeva.
Giovanni Polin, diplomato in archivistica, laureato presso la Scuola di paleografia e filologia musicale di Cremona e dottore di ricerca all’Università di Bologna, ha collaborato fra l’altro con «Amadeus» e con il teatro La Fenice. Si è occupato inoltre della recezione di Tartini e della tradizione di due importanti drammi giocosi di Goldoni e Galuppi: Il filosofo di campagna e Il mondo della luna di cui ha curato l’edizione critica.
Silvia Urbani, diplomata in organo al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia e laureata in lettere a Ca’ Foscari, ha frequentato i corsi di perfezionamento in musicologia presso l’Università di Ginevra. Ha collaborato e collabora a diversi progetti d’informatica umanistica e ha curato fra l’altro l’edizione critica e commentata delle Istituzioni armoniche di Gioseffo Zarlino.