Le numerose edizioni settecentesche che s’intersecano l’una con l’altra, la mancanza degli autografi e la vastità dell’impresa di fronte alle cento e più commedie, alle decine di melodrammi giocosi, di drammi per musica e di altri componimenti teatrali, cui si affiancano poesie, prose amplissime di memoria e un cospicuo epistolario, hanno impedito fino ad ora che si affrontasse la questione dell’edizione critica delle opere di Carlo Goldoni. La cultura italiana e internazionale si era rassegnata e accomodata all’ombra della grande, meritoria fatica di Giuseppe Ortolani iniziata nei primi anni del secolo, senza, tuttavia, un chiaro progetto e senza precisi criteri filologici. Alla base di questa edizione nazionale vi è stata una preliminare indagine sulle stampe volute dall’autore dal 1750 agli anni ultimi della sua lunga vita al fine di determinare, opera per opera, i diversi stadi del testo. Da qui la presenza di un ricco apparato di varianti che illustra l’evoluzione della singola opera fino al momento in cui l’autore non impone ad essa una fisionomia definitiva. Consegnati al teatro, i testi, che erano nati per esso, riprenderanno immediatamente il loro cammino nella continua e molteplice dinamica dell’interpretazione che qui viene di volta in volta ricostruita nelle pagine dedicate alla fortuna.Commedia di transizione fra vecchio teatro e riforma, convenzione e originali fughe in avanti, La serva amorosa è caso drammaturgico davvero singolare: senza rinunciare all’inesauribile vitalità della commedia dell’arte e del teatro molieriano, accoglie spunti creativi della recente drammaturgia italiana e consolida la messa a punto dei principi etici già delineati da Goldoni nelle commedie “tenere”, prefigurando le istanze sperimentali del genre sérieux et touchant diderottiano.
Scritta in un raro momento di benessere e serenità personale («Tre mesi che soggiornai l’anno scorso in Bologna, formarono i più felici giorni della mia vita»), La serva amorosa riflette l’incanto della sua genesi e sembra proporre l’utopia di una legittimazione totale dell’ideologia borghese condivisibile da ogni classe sociale, pur lasciando trasparire i primi sintomi della fragilità del ceto mercantile. Rappresentata la prima volta al teatro Formagliari di Bologna nella primavera del 1752, la commedia riscosse - anche grazie all’interpretazione della “servetta” Maddalena Marliani (di qui a poco straordinaria locandiera) - un grande successo, che avrebbe continuato a prodursi sulla scena otto-novecentesca e fino ai giorni nostri.
Paola D. Giovanelli insegna letteratura italiana e letteratura teatrale italiana all’Università di Bologna. Si occupa di drammaturgia e di storia del teatro e dello spettacolo, con particolare riferimento al periodo otto-novecentesco.
Clemente Mazzotta (1942-2006) ha insegnato per molti anni filologia italiana all’Università di Bologna. I suoi principali interessi di studioso, attestati da numerose pubblicazioni, si sono rivolti principalmente ad Alfieri, Pascoli e Carducci, dei cui Comitati per l’Edizione Nazionale era consigliere; dal 2004 era presidente dell’Accademia Pascoliana di San Mauro.