“… furtivo cercherò le tue braccia, rinnoverò carezze senza pensarle infette, ma pure come gioia di spiriti; dolcemente verrò, cieco e piangente come rugiadosa notte, su di te, piano ti cullerò tra le mie braccia nel sonno”
E' davvero singolare che questo Edipo (scritto da John Dryden in collaborazione con Nathaniel Lee nel 1678), testo di sorprendente modernità e bellezza, sia rimasto fuori dal grande canone letterario, tanto da non avere avuto finora nessuna traduzione italiana. Una rivisitazione del mito che, a partire dai modelli illustri con cui apertamente compete (Sofocle innanzitutto, e poi Seneca e Corneille), trasforma radicalmente l’antico, per aggiunta e per sottrazione: mentre si attenuano i legami con gli antichi miti di fondazione e di vendetta, si amplifica e assume una centralità indiscussa il tema della passione di Edipo e Giocasta, inconsapevoli interpreti del tema dell’incesto che, con effetti di tragica
ironia, serpeggia e si rifrange in ogni parte dell’azione drammatica. Sordi a oracoli e premonizioni, i due amanti modernamente tentano di farsi attori del proprio destino; mentre i personaggi tutti delle fonti acquistano voci nuove, inquiete e perturbanti, che si interrogano sulla propria identità, sulla liceità della passione trasgressiva, sulla violenza del potere. Un mito eterno e una possente tragedia raccontati dalla prospettiva amara e disincantata della modernità.