L’uomo contemporaneo – nuda vita – è abituato a considerare il saluto come un gesto di cortesia puramente convenzionale ed effimero. Ciò che qui è messo in gioco è quel particolare saluto che è l’addio. Di fronte a Dio, forse ci rivedremo. Ma quando, con l’Illuminismo, si inaugura quel particolare processo che condurrà al nichilismo a livello planetario - che ne è del saluto? Che ne è dell’addio? Che ne è dell’amicizia bene-augurante? Questo libro scandaglia i numerosi sostrati di senso che tale gesto, rivolto al viandante o recepito nella voce viva del canto, acquista in uno scrittore come Leopardi, la cui opera, così cruciale nella modernità, attraversa tutti i temi che più intimamente ci riguardano: il senso di interrogare un infinito che non comprendiamo, la disperazione della solitudine, la possibilità di un riconoscimento di chi non è più, la fine di un mondo come fine del mondo, l’impossibilità di qualunque resurrezione. Se l’habitus della lingua “tutta vestita a festa” risuona, nei versi leopardiani, come rammemorazione di un tempo in cui la vita non era ancora spogliata del velo con cui – originariamente – era venuta al mondo in quanto cosa non sacrificabile al dolore (e cioè in quanto non ancora nuda vita), l’ultimo saluto del poeta è sì un addio al mondo, ma, nel suo risuonare come voce disposta al canto, anche un estremo augurio di salvezza.